Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12. Contro la Regione Liguria, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della legge della Regione Liguria n. 4 del 18 marzo 2013, pubblicata sul BUR n. 2 del 20 marzo 2013, recante modifiche e integrazioni alla legge regionale 7 febbraio 2008, n. 1 (Misure per la salvaguardia e la valorizzazione degli alberghi e disposizioni relative alla disciplina e alla programmazione dell'offerta turistico-ricettiva negli strumenti urbanistici comunali): art. 2, comma 4, nella parte in cui sostituisce l'art. 2, comma 2 della legge regionale n. 1/2008; art. 2, comma 5, nella parte in cui introduce il comma 2-bis nell'art. 2, legge regionale n. 1/2008; art. 2, comma 7, nella parte in cui sostituisce l'art. 2, comma 4 della legge regionale n. 1/2008; art. 2, comma 8, nella parte in cui abroga l'art. 2, comma 5, legge regionale n. 1/2008; art. 2, comma 13 nella parte in cui abroga l'art. 2, comma 10 della legge regionale n. 1/2008; art. 3, nella parte in cui introduce l'art. 2-bis nella legge regionale n. 1/2008; art. 9. La legge della Regione Liguria n. 4 del 18 marzo 2013 (pubblicata nel BUR n. 2 del 20 marzo 2013 della Regione Liguria) modifica ed integra la legge regionale n. 1 del 7 febbraio 2008, la quale dispone in materia di misure per la salvaguardia e la valorizzazione degli alberghi e disposizioni relative alla disciplina e alla programmazione dell'offerta turistico-ricettiva negli strumenti urbanistici comunali. Piu' precisamente l'art. 2, comma 4 della legge n. 4/2013 rubricato «Modifiche all'art. 2 della legge regionale n. 1/2008» sostituisce il previgente art. 2, comma 2 della legge regionale n. 1/2008 con il seguente nuovo testo: «2. I proprietari degli immobili soggetti al vincolo di cui al comma 1 possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o aggregata, al Comune territorialmente competente, motivata e documentata istanza di svincolo con riferimento alla sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, basata su almeno una delle seguenti cause ed accompagnata dalla specificazione della destinazione d'uso che si intende insediare: a) oggettiva impossibilita' a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile, a causa dell'esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non superabili, al livello di qualita' degli standard alberghieri e/o alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie di fuga, scale antincendio e simili) e/o di abbattimento delle barriere architettoniche; b) collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attivita' alberghiera, con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa.». Il comma 5 del medesimo art. 2 della legge n. 4/2013 dispone inoltre «Dopo il comma 2 dell'art. 2 della legge regionale n. 1/2008, e' inserito il seguente: "2-bis. Il Comune entro novanta giorni dal ricevimento dell'istanza, di cui al comma 2, si pronuncia in merito alla richiesta di svincolo, previa consultazione con le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello locale, e verifica la sussistenza di almeno una delle cause di cui al comma 2. Ove la destinazione d'uso che s'intende insediare, in base all'istanza, non risulti ammessa dalla disciplina urbanistico-edilizia vigente e/o operante in salvaguardia, trova applicazione la disciplina urbanistico-edilizia operante nella zona di Piano regolatore generale (PRG) o nell'ambito di Piano urbanistico comunale (PUC) contiguo e, in caso di compresenza di diverse discipline, opera quella relativa alle aree contigue prevalenti in termini di superficie. Qualora non ricorrano neppure le condizioni per l'applicazione della disciplina urbanistico-edilizia della zona o dell'ambito contiguo il Comune indice, a norma della vigente legislazione urbanistica regionale, la conferenza di servizi per l'approvazione contestuale del progetto edilizio e della relativa variante urbanistica. Il procedimento della conferenza di servizi si conclude entro sei mesi dalla presentazione dell'istanza di svincolo.". Il comma 7 dell'art. 2 della medesima legge regionale n. 4/2103 sostituisce il precedente art. 2, comma 4, legge regionale n. 1/2008 con il comma seguente: "4. I proprietari degli immobili sedi di strutture ricettive, in esercizio, classificate albergo oggetto di contratti di locazione dell'immobile o d'affitto d'impresa possono attivare le procedure di svincolo di cui al comma 2 solo previa acquisizione del formale assenso da parte del gestore dell'albergo.". L'art. 2, comma 8 della legge regionale n. 4/2013 (abrogativo del comma 5 dell'art. 2 della legge regionale n. 1/2008), dispone: "Il comma 5 dell'art. 2 della legge regionale n. 1/2008 e' abrogato.". L'art. 2, comma 13 (abrogativo del comma 10 della legge regionale n. 1/2008), dispone: "Il comma 10 dell'art. 2 della legge regionale n. 1/2008 e' abrogato.". L'art. 3 della medesima legge regionale n. 4/2013 inserisce l'art. 2-bis, commi 2, 3, 4, nella legge regionale n. 1/2008, con il seguente testo: "2. I comuni possono consentire una parziale trasformazione della destinazione d'uso degli immobili sedi di alberghi vincolati ai sensi della presente legge e delle relative aree asservite e di pertinenza la cui attivita' sia cessata prima del 28 febbraio 2007 e che necessitino, al fine di riacquisire la competitivita' rispetto al mercato della domanda turistica, d'interventi di ristrutturazione e riqualificazione. Gli interventi di parziale trasformazione della destinazione d'uso in funzioni non turistico-ricettive sono ammissibili entro la percentuale del 30 per cento del volume geometrico, come definito dall'art. 70 della legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell'attivita' edilizia) e successive modificazioni ed integrazioni, incrementabile, su proposta motivata del richiedente, inerente gli aspetti di sostenibilita' economica, fino ad un massimo del 40 per cento del volume geometrico. 3. L'applicazione delle misure di cui al comma 2 e' subordinata alla sottoscrizione di una convenzione tra la proprieta' dell'immobile e il Comune volta a garantire: a) l'impegno del proprietario a reinvestire tutti i proventi derivanti dalla trasformazione della destinazione d'uso, da quantificare quale differenza tra il valore commerciale delle unita' abitative residenziali e i costi da sostenere per tali trasformazioni, per la riqualificazione della parte di immobile destinata ad albergo che dovra' avere una capacita' ricettiva non inferiore a cinquanta posti letto e la classificazione al livello minimo di tre stelle o almeno a quello della struttura interessata dalla trasformazione se superiore a tre stelle; b) l'impegno della proprieta' al mantenimento del vincolo di destinazione d'uso ad albergo per la restante parte dell'immobile per un minimo di venti anni; c) la separazione funzionale tra la parte dell'immobile avente destinazione di albergo e le altre destinazioni d'uso presenti nell'immobile oggetto della riqualificazione. 4. Il Comune, entro novanta giorni dal ricevimento dell'istanza di cui al comma 2, si pronuncia in merito alla richiesta di parziale trasformazione della destinazione d'uso. Ove la destinazione d'uso che s'intende insediare, in base all'istanza, non risulti ammessa dalla disciplina urbanistico-edilizia vigente e/o operante in salvaguardia, trova applicazione la disciplina urbanistico-edilizia operante nella zona di PRG o nell'ambito di PUC contiguo e, in caso di compresenza di diverse discipline, opera quella relativa alle aree contigue prevalenti in termini di superficie. Qualora non ricorrano neppure le condizioni per l'applicazione della disciplina urbanistico-edilizia della zona o dell'ambito contiguo il Comune indice, a norma della vigente legislazione urbanistica regionale, la conferenza di servizi per l'approvazione contestuale del progetto edilizio e della relativa variante urbanistica. Il procedimento della conferenza di servizi si conclude entro sei mesi dalla presentazione dell'istanza di parziale trasformazione della destinazione d'uso."." Infine, la legge regionale 4/2013 prevede quanto segue nell'art. 9, intitolato "Norma transitoria per lo sviluppo e il miglioramento dell'offerta ricettiva degli alberghi": "1. I comuni possono consentire una parziale trasformazione della destinazione d'uso degli immobili sedi di strutture ricettive attualmente in esercizio classificate albergo e delle relative aree asservite e di pertinenza, assoggettati al vincolo di destinazione d'uso di cui all'art. 2, comma 1, della legge regionale n. 1/2008 come modificata dalla presente legge e che necessitino, al fine di riacquisire la competitivita' rispetto al mercato della domanda turistica, di interventi edilizi di ristrutturazione e di riqualificazione i cui costi, diretti e mutuabili, non possano essere coperti esclusivamente con i proventi derivanti dalla gestione alberghiera dello stesso. Gli interventi di parziale trasformazione delle destinazioni d'uso sono ammissibili entro la percentuale massima del 40 per cento del volume geometrico come definito dall'art. 70 della legge regionale n. 16/2008 e successive modificazioni ed integrazioni per insediare le seguenti funzioni, anche complementari: a) residenziale; b) ricettiva di tipo residenza turistico-alberghiera. 2. Il proprietario inoltra apposita richiesta da presentarsi una sola volta ed entro il termine di' tre anni a far data dall'approvazione della deliberazione della Giunta regionale con la quale e' stabilita la documentazione tecnica ed economico-finanziaria idonea a comprovare l'insufficienza dei proventi derivanti dalla gestione alberghiera per la copertura dei costi degli interventi edilizi di riqualificazione di cui al comma 1. 3. L'applicazione delle misure di cui al comma 1 e' subordinata alla sottoscrizione di una convenzione tra la proprieta' dell'immobile e il Comune volta a garantire: a) l'impegno del proprietario a reinvestire tutti i proventi derivanti dalla trasformazione della destinazione d'uso, da quantificare quale differenza tra il valore commerciale delle unita' abitative-residenziali e i costi da sostenere per tali trasformazioni, per la riqualificazione della parte di immobile destinata ad albergo che dovra' avere una capacita' ricettiva non inferiore a cinquanta posti letto e la classificazione al livello minimo di tre stelle o almeno a quello della struttura oggetto dell'intervento se superiore a tre stelle. I proventi potranno essere utilizzati, entro il limite massimo del 25 per cento degli stessi, anche per sostenere oneri finanziari, da comprovare documentalmente, riferiti a mutui in essere al 30 settembre 2012 direttamente connessi all'attivita' imprenditoriale alberghiera; b) l'impegno della proprieta' al mantenimento, per un minimo di venti anni, del vincolo di destinazione d'uso ad albergo; c) la separazione funzionale tra la parte dell'immobile avente destinazione di albergo e le altre destinazioni d'uso presenti nell'immobile oggetto della riqualificazione. 4. Il Comune, entro novanta giorni dal ricevimento dell'istanza di cui al comma 2, si pronuncia in merito alla richiesta di parziale trasformazione della destinazione d'uso. Ove la destinazione d'uso che s'intende insediare, in base all'istanza, non risulti ammessa dalla disciplina urbanistico-edilizia vigente e/o operante in salvaguardia, trova applicazione la disciplina urbanistico-edilizia operante nella zona di PRG o nell'ambito di PUC contiguo e, in caso di compresenza di diverse discipline, opera quella relativa alle aree contigue prevalenti in termini di superficie. Qualora non ricorrano neppure le condizioni per l'applicazione della disciplina urbanistico-edilizia della zona o dell'ambito contiguo il Comune indice, a norma della vigente legislazione urbanistica regionale, la conferenza di servizi per l'approvazione contestuale del progetto edilizio e della relativa variante urbanistica. Il procedimento della conferenza di servizi si conclude entro sei mesi dalla presentazione dell'istanza di parziale trasformazione della destinazione d'uso." Tutte disposizioni sopra richiamate, appaiono costituzionalmente illegittime, sotto i profili che verranno ora evidenziati, e pertanto il Governo - giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 17 maggio 2013 (che per estratto autentico si produce sub 1) ai sensi dell'art. 127 Cost. la impugna con il presente ricorso per i seguenti motivi: 1. Violazione dell'art. 117, terzo comma, Costituzione nella parte in cui attribuisce la materia "governo del territorio" alla competenza concorrente Stato-Regioni. Come si vede, con le disposizioni impugnate la Regione ha previsto, in sostanza, che qualora i proprietari di immobili soggetti a vincolo alberghiero reputino economicamente non conveniente procedere agli investimenti necessari per riqualificare le strutture, essi hanno diritto di ottenere dal Comune lo svincolo e la trasformazione della destinazione d'uso dell'immobile ad uso residenziale (con possibilita', quindi, di frazionamento in unita' immobiliari e loro vendita sul mercato); e che qualora lo strumento urbanistico non consenta tale modifica della destinazione, si applica lo strumento urbanistico del Comune contiguo, individuato in quello di maggiore superficie. Solo se neppure tale strumento consenta la modifica, il Comune indice una conferenza di servizi per l'approvazione della necessaria variante urbanistica. Questo modello normativo viene replicato identico in tre casi: la modifica di destinazione integrale (art. 2 comma 4 legge regionale 4/2013, modificativo dell'art. 2 comma 2 legge regionale 1/2008); la modifica di destinazione parziale (art. 3 legge regionale 4/2013, introduttivo dell'art. 2-bis nella legge regionale 1/2008); la modifica di destinazione parziale in regime transitorio (art. 9 legge regionale 4/2013). La differenza tra queste due ultime ipotesi sta nel fatto che la modifica di destinazione parziale di cui all'art. 3 della legge regionale 4/2013 (nuovo art. 2-bis legge regionale 1/2008) puo' riguardare solo gli immobili soggetti a vincolo alberghiero nei quali l'attivita' alberghiera sia cessata entro il 28 febbraio 2007, e puo' investire al massimo il 30% del volume degli immobili; mentre la modifica di destinazione parziale prevista dall'art. 9 della legge regionale 4/2013 puo' riguardare solo gli alberghi attualmente in esercizio, e puo' investire fino al 40% del volume degli immobili. Il carattere transitorio di quest'ultima previsione sta nel fatto che i proprietari interessati possono presentare la domanda non oltre tre anni dall'approvazione da parte della Giunta regionale di un provvedimento attuativo, volto ad individuare la documentazione tecnica idonea a provare l'insufficienza dei proventi della gestione a finanziare le necessarie ristrutturazioni. Il regime della modifica dei vincoli alberghieri precedente alle modifiche ora illustrate era contenuto nell'art. 2 commi 2, 4, 5, 10 e 11 della legge regionale 1/2008, secondo i quali, nel testo originario: "2. I Comuni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, effettuano il censimento delle strutture ricettive di cui al comma 1, anche sulla scorta delle proposte avanzate dagli imprenditori alberghieri, e individuano le esigenze di miglioramento e/o ampliamento delle strutture medesime. A tal fine i Comuni adottano apposita modifica al vigente strumento urbanistico comunale secondo le procedure di cui al comma 10, mediante la quale individuano gli interventi e le norme tecnico urbanistiche idonei alla soddisfazione delle esigenze riscontrate, tenuto conto delle caratteristiche degli immobili e del contesto urbanistico e paesistico in cui gli stessi sono collocati, individuando una specifica disciplina per i centri storici. 4. I Comuni, con la modifica dello strumento urbanistico comunale vigente, possono proporre, su richiesta del proprietario e acquisito il parere del gestore, il non assoggettamento al vincolo di cui al comma 1 delle strutture esistenti censite per le quali non sia piu' esercitabile l'attivita' alberghiera in relazione alla sopravvenuta inadeguatezza a mantenere la presenza sul mercato dell'offerta ricettiva e alla non sostenibilita' economica della stessa, motivate da almeno una delle seguenti cause: a) oggettiva impossibilita' dell'immobile ad adeguare le sue caratteristiche distributive, funzionali e dimensionali al livello degli standard qualitativi del settore alberghiero, a causa dell'esistenza di vincoli paesaggistici, monumentali od urbanistico-edilizi non superabili; b) collocazione della struttura in un contesto le cui caratteristiche urbanistiche o territoriali determinino la incompatibilita' o la insostenibilita' della funzione alberghiera. 5. I Comuni, per le strutture di cui al comma 4, individuano le trasformazioni d'uso ammesse e la relativa disciplina urbanistico edilizia che meglio si adattano alla tipologia degli immobili e alle previsioni urbanistiche e paesistiche del contesto interessato. 10. La modifica al vigente strumento urbanistico comunale di cui ai commi 2, 4 e 5, previa consultazione con le Organizzazioni sindacali dei lavoratori, le Associazioni di categoria e i Sistemi Turistici Locali interessati, e' adottata dal Comune con la seguente procedura: a) pubblicazione della modifica e della relativa deliberazione consiliare mediante deposito a libera visione del pubblico presso la segreteria comunale per quindici giorni consecutivi, previo avviso da affiggersi all'albo pretorio, da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione Liguria; b) ricevimento fino a quindici giorni dopo la scadenza del periodo di deposito di Osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse; c) pronuncia sulle Osservazioni pervenute, senza necessita' di dar luogo ad una nuova pubblicazione nel caso in cui le Osservazioni vengano accolte; d) approvazione da parte della Regione nel termine perentorio di centottanta giorni dal ricevimento degli atti da parte del Comune, decorso il quale la modifica al vigente Piano regolatore generale o Piano urbanistico comunale si intende approvata. 11. Decorsi dieci anni dall'approvazione della disciplina di cui ai commi 2, 4 e 5 e comunque all'adozione del PUC, il Comune procede alla verifica della sua adeguatezza, confermandone i contenuti o modificandoli in conformita' alle disposizioni della presente legge.". Come si vede, il regime precedente prevedeva che la modifica della destinazione alberghiera, anche giustificata dalla difficolta' oggettiva a causa di vincoli, o dalla difficolta' economica per il proprietario di sostenere con i proventi della gestione il costo delle ristrutturazioni e degli adeguamenti necessari, potesse avvenire solo previa modifica degli strumenti urbanistici comunali; che tale modifica dovesse avvenire con procedura semplificata, e che a tal fine i Comuni dovessero sottoporre tali strumenti ad un primo esame basato, anche, sulle proposte degli operatori economici interessati, e quindi dovessero procedere a revisione decennale degli strumenti urbanistici sotto il profilo in questione, sempre con procedura semplificata. Il confronto tra la precedente e la nuova normativa dimostra che, ora, il potere dei Comuni di valutare l'impatto urbanistico delle modifiche (in senso riduttivo) delle destinazioni alberghiere, e del correlativo incremento delle destinazioni diverse, e in particolare abitative, con il connesso incremento del carico urbanistico, viene in sostanza abolito. Il nuovo regime attribuisce al proprietario che dimostri l'impossibilita' oggettiva (a causa di vincoli monumentali, paesistici, urbanistici) di adeguare l'immobile alberghiero agli standard alberghieri o alle norme di sicurezza, o l'impossibilita' economica di sostenere con i proventi della gestione alberghiera le necessarie ristrutturazioni il diritto soggettivo di ottenere dal Comune la modifica (svincolo) totale o parziale del vincolo alberghiero. L'esclusione di qualsiasi potere dei Comuni di valutare l'impatto urbanistico di tali modifiche e' confermata dal fatto che la valutazione che i Comuni possono fare delle istanze presentate dai proprietari e' di tipo solo economico, riferito alla situazione individuale del proprietario interessato; e che se lo strumento urbanistico non consente le modifiche, anziche' adottare una previa variante dello strumento stesso (con il connesso potere discrezionale del Comune di determinare i contenuti concreti della nuova disciplina urbanistica), il Comune deve applicare lo strumento urbanistico del Comune contiguo di maggiore dimensione che consenta la modifica. Solo se non sia possibile tale singolare applicazione ad un Comune dello strumento urbanistico di un altro, il Comune potra' indire una conferenza di servizi per definire le varianti urbanistiche necessarie. E' quindi palese l'illegittimita' costituzionale del nuovo regime, sia nella parte in cui introduce il sistema ora descritto, sia nella parte in cui abroga o trasforma la disciplina precedente. Tale illegittimita' deriva dal contrasto del nuovo regime con i principi della legge statale che regolano il governo del territorio, e che costituiscono principi vincolanti per le Regioni nell'esercizio della loro competenza legislativa concorrente in tale materia, ai sensi dell'art. 117, comma 3 Cost. Tali principi si rinvengono nelle seguenti norme statali. In base all'art. 2, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 i Comuni, nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'art. 3 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l'attivita' edilizia. In base agli artt. 4 e 7, legge n. 1150/42 la pianificazione urbanistica compete ai Comuni e gli interventi relativi alle lottizzazioni e alle destinazioni d'uso devono essere pianificati dai medesimi Comuni. In base all'art. 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, non si possono ammettere lottizzazioni, cioe' trasformazioni urbanistiche ed edilizie, non disciplinate dalla programmazione comunale. Nell'interpretare tale disposizione, la giurisprudenza ha chiarito che "integra un'ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l'assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attivita' di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento degli standards. Il concetto di "opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia" dei terreni deve essere, dunque, interpretato in maniera "funzionale" alla ratio della norma dell'art. 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (T.U. Edilizia), il cui bene giuridico tutelato e' costituito dalla necessita' di preservare la potesta' programmatoria attribuita all'Amministrazione nonche' l'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioe' il Comune), al fine di garantire una ordinata pianificazione urbanistica, un corretto uso del territorio ed uno sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standards compatibile con le esigenze di finanza pubblica. Cio' che rileva e' il concetto di "trasformazione urbanistica ed edilizia" e non quello di "opera comportante trasformazione urbanistica ed edilizia" (Cons. Stato Sez IV n. 3381 del 7.6.2012). Costituisce quindi principio generale della materia in questione che ogni modifica delle destinazioni d'uso del territorio, idonea ad incidere sul carico urbanistico su di esso insistente, venga determinata e disciplinata dal Comune tramite i propri strumenti programmatori. La legge regionale impugnata e' allora illegittima perche', nel prevedere in sostanza che i proprietari di immobili con vincolo di destinazione alberghiera possono con semplice istanza al Comune ottenere lo svincolo in relazione alla semplice sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze di mercato, cioe' in relazione a mere circostanze economiche ad essi particolari, contrasta con la normativa statale di principio sopra ricordata, che affida ai Comuni l'ordinata pianificazione urbanistica mediante l'adozione di piani regolatori per il corretto uso del territorio. Ulteriore vulnus alla competenza comunale nella gestione pianificata delle modificazioni urbanistiche incidenti sul loro territorio, sta poi nelle previsioni secondo cui la conformita' urbanistica delle modifiche di destinazione non conformi che siano richieste dai proprietari viene "recuperata" rendendo applicabile, in luogo dello strumento urbanistico del Comune interessato, lo strumento urbanistico del Comune contiguo di maggiore dimensione. Poiche' ogni strumento urbanistico si forma, come e' ovvio, sulla base della considerazione specifica delle condizioni del territorio interessato, e' per definizione impossibile, se non a prezzo del totale esproprio della potesta' urbanistica comunale da parte del legislatore regionale, prevedere che al piano vigente si sostituisca in parte qua il piano vigente in un Comune diverso, cioe' un piano formatosi sulla considerazione di un territorio che non ha nulla a che vedere con quello che sara' toccato dalle conseguenze urbanistiche della destinazione modificata. 2. Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera 1) Cost. La legge regionale impugnata contrasta poi con l'art. 117, comma 2, lettera l) Cost. nella parte in cui attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la disciplina dell'ordinamento penale. L'art. 44, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 prevede che «1. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica: ... c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 15493 a 51645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'art. 30.». L'art. 30, comma 1 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica prevede che «1. Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonche' quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.». Come si e' visto nel precedente motivo riportando Cons. St. IV, n. 3381/2012, la finalita' delle norme che prevedono e sanzionano la lottizzazione abusiva e' la salvaguardia della potesta' comunale di disciplina delle trasformazioni strutturali e funzionali incidenti sul territorio. Al riguardo, la giurisprudenza penale ha chiarito, con efficacia di diritto vivente, che rientrano nell'alveo della fattispecie della «lottizzazione abusiva» anche le ipotesi di mutamento di destinazione d'uso (s'intende tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico) di complessi immobiliari, gia' esistenti o in corso di realizzazione, assentiti come strutture turistico-alberghiere ma di fatto destinati, per effetto del loro preventivo frazionamento (e contestuale o successiva vendita) in singole unita' immobiliari, ad uso di civile abitazione. E' stato, infatti affermato che la lottizzazione cosiddetta «materiale» non presuppone necessariamente il compimento di opere su un suolo inedificato, ma puo' verificarsi anche in occasione di un mutamento della destinazione d'uso di un edificio gia' esistente, allorche' la modificazione della destinazione d'uso si ponga in contrasto con un piano di fabbricazione gia' approvato e richieda la necessita' di nuovi interventi di urbanizzazione; la modifica di destinazione d'uso di un fabbricato, qualora non rientri nell'ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto difforme da quelle ammesse, si pone in insaziabile contrasto con lo strumento urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal piano, bensi' di un'alterazione idonea ad incidere significativamente sulla destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare gli equilibri prefigurati in quella sede. Sempre i giudici penali hanno poi precisato che nell'ambito della lottizzazione abusiva, rientra, quindi, (anche) un'attivita' di mutamento (non consentito) di destinazione d'uso di un esistente complesso immobiliare alberghiero e cio' in ragione delle alterazioni che condotte di questo tipo producono (rectius: possono produrre) sull'assetto urbanistico del territorio pianificato attraverso gli strumenti urbanistici generali; e cio', si ha avuto cura di precisare, anche quando tali strumenti consentano una utilizzabilita' alternativa di tipo residenziale e tuttavia «il complesso alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni derogatorie (ad esempio a divieti di edificabilita', a limitazioni plano-volumetriche, a distanze etc.) non estensibili ad immobili residenziali» ovvero, ancora, «la destinazione d'uso residenziale comporti un incremento degli standard richiesti per l'edificazione alberghiera (con riferimento anche ai parcheggi privati di cui all'art. 14-sexies della legge n. 1150/1942) e tali standard aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto». V. da ultimo Cass. pen. sez. 3ª, 6 giugno 2012, n. 27289, Dotta. Nella fattispecie, la legge regionale consente la trasformazione degli alberghi in immobili frazionati ad uso residenziale attraverso procedure che vanificano del tutto le valutazioni urbanistiche comunali circa la conformita' agli standard previsti dai piani regolatori e circa il maggior carico urbanistico che ne deriva. In tal modo, la tutela penale prevista dal combinato disposto degli articoli 30 e 44 decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 viene svuotata del suo contenuto specifico. Si e' infatti visto che il bene protetto da quella tutela e', appunto, la potesta' comunale di governo del territorio. Ora, la legge regionale rende formalmente lecite dal punto di vista amministrativo e penale lottizzazioni di immobili gia' adibiti ad albergo, in modo del tutto autonomo dalla disciplina e dalle valutazioni urbanistiche comunali; ed anzi, dichiaratamente, anche nel caso in cui tali interventi siano contrari alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti (cio', come visto, attraverso l'applicazione automatica, in via sostitutiva, degli strumenti urbanistici dei Comuni contigui che consentano gli interventi). Il che, palesemente, vanifica il suddetto bene protetto, e ne rende praticamente inoperante, in parte qua, la tutela penale; con evidente sconfinamento del legislatore regionale nell'ambito della disciplina dell'ordinamento penale, riservata allo Stato.