Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  cui  e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12. 
    Contro la Regione Liguria, in persona del presidente della giunta
regionale  pro  tempore  per  la   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale  dei  seguenti  articoli  della  legge  della  Regione
Liguria n. 4 del 18 marzo 2013, pubblicata sul BUR n. 2 del 20  marzo
2013,  recante  modifiche  e  integrazioni  alla  legge  regionale  7
febbraio 2008, n. 1 (Misure per la salvaguardia e  la  valorizzazione
degli  alberghi  e  disposizioni  relative  alla  disciplina  e  alla
programmazione  dell'offerta  turistico-ricettiva   negli   strumenti
urbanistici comunali): 
        art. 2, comma 4, nella parte in  cui  sostituisce  l'art.  2,
comma 2 della legge regionale n. 1/2008; art. 2, comma 5, nella parte
in cui introduce il comma  2-bis  nell'art.  2,  legge  regionale  n.
1/2008; art. 2, comma 7, nella parte in  cui  sostituisce  l'art.  2,
comma 4 della legge regionale n. 1/2008; art. 2, comma 8, nella parte
in cui abroga l'art. 2, comma 5, legge regionale n. 1/2008;  art.  2,
comma 13 nella parte in cui abroga l'art. 2,  comma  10  della  legge
regionale n. 1/2008; art. 3, nella  parte  in  cui  introduce  l'art.
2-bis nella legge regionale n. 1/2008; art. 9. 
    La legge della Regione Liguria n. 4 del 18 marzo 2013 (pubblicata
nel BUR n. 2 del 20 marzo 2013 della  Regione  Liguria)  modifica  ed
integra la legge regionale n. 1 del 7 febbraio 2008, la quale dispone
in materia di misure per la salvaguardia e  la  valorizzazione  degli
alberghi   e   disposizioni   relative   alla   disciplina   e   alla
programmazione  dell'offerta  turistico-ricettiva   negli   strumenti
urbanistici comunali. Piu' precisamente l'art. 2, comma 4 della legge
n. 4/2013 rubricato «Modifiche all'art. 2 della  legge  regionale  n.
1/2008» sostituisce  il  previgente  art.  2,  comma  2  della  legge
regionale n. 1/2008 con il seguente nuovo testo: 
        «2. I proprietari degli immobili soggetti al vincolo  di  cui
al comma 1  possono,  in  qualsiasi  momento,  presentare,  in  forma
individuale e/o aggregata,  al  Comune  territorialmente  competente,
motivata e documentata  istanza  di  svincolo  con  riferimento  alla
sopravvenuta inadeguatezza della struttura  ricettiva  rispetto  alle
esigenze del mercato, basata su almeno una delle  seguenti  cause  ed
accompagnata dalla specificazione della  destinazione  d'uso  che  si
intende insediare: 
a) oggettiva impossibilita' a realizzare  interventi  di  adeguamento
complessivo  dell'immobile,  a  causa   dell'esistenza   di   vincoli
monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non
superabili, al livello di qualita'  degli  standard  alberghieri  e/o
alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie  di  fuga,
scale antincendio  e  simili)  e/o  di  abbattimento  delle  barriere
architettoniche; 
b) collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei  allo
svolgimento dell'attivita' alberghiera, con  esclusione  comunque  di
quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente  destinazione
residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300  metri
dalla costa.». 
    Il comma 5 del medesimo art. 2  della  legge  n.  4/2013  dispone
inoltre «Dopo il comma 2 dell'art. 2 della legge regionale n. 1/2008,
e' inserito il seguente: 
        "2-bis.  Il  Comune  entro  novanta  giorni  dal  ricevimento
dell'istanza, di  cui  al  comma  2,  si  pronuncia  in  merito  alla
richiesta di svincolo, previa  consultazione  con  le  organizzazioni
sindacali dei lavoratori e le associazioni di categoria  maggiormente
rappresentative a livello locale, e verifica la sussistenza di almeno
una delle cause di cui al comma 2.  Ove  la  destinazione  d'uso  che
s'intende insediare, in base all'istanza, non risulti  ammessa  dalla
disciplina urbanistico-edilizia vigente e/o operante in salvaguardia,
trova applicazione la disciplina urbanistico-edilizia operante  nella
zona di Piano  regolatore  generale  (PRG)  o  nell'ambito  di  Piano
urbanistico comunale (PUC) contiguo e,  in  caso  di  compresenza  di
diverse  discipline,  opera  quella  relativa  alle   aree   contigue
prevalenti in termini di superficie. Qualora non ricorrano neppure le
condizioni per l'applicazione della  disciplina  urbanistico-edilizia
della zona o dell'ambito contiguo il Comune  indice,  a  norma  della
vigente legislazione urbanistica regionale, la conferenza di  servizi
per l'approvazione contestuale del progetto edilizio e della relativa
variante urbanistica. 
    Il procedimento della conferenza di servizi si conclude entro sei
mesi dalla presentazione dell'istanza di svincolo.". 
    Il comma 7 dell'art. 2 della medesima legge regionale  n.  4/2103
sostituisce il precedente art. 2, comma 4, legge regionale n.  1/2008
con il comma seguente: 
        "4. I proprietari degli immobili sedi di strutture ricettive,
in esercizio, classificate albergo oggetto di contratti di  locazione
dell'immobile o d'affitto d'impresa possono attivare le procedure  di
svincolo di cui al comma  2  solo  previa  acquisizione  del  formale
assenso da parte del gestore dell'albergo.". 
    L'art. 2, comma 8 della legge regionale n. 4/2013 (abrogativo del
comma 5 dell'art. 2 della legge regionale n.  1/2008),  dispone:  "Il
comma 5 dell'art. 2 della legge regionale n. 1/2008 e' abrogato.". 
    L'art. 2, comma 13 (abrogativo del comma 10 della legge regionale
n. 1/2008), dispone: "Il comma 10 dell'art. 2 della  legge  regionale
n. 1/2008 e' abrogato.". 
    L'art. 3 della  medesima  legge  regionale  n.  4/2013  inserisce
l'art. 2-bis, commi 2, 3, 4, nella legge regionale n. 1/2008, con  il
seguente  testo:  "2.  I  comuni  possono  consentire  una   parziale
trasformazione  della  destinazione  d'uso  degli  immobili  sedi  di
alberghi vincolati ai sensi della presente  legge  e  delle  relative
aree asservite e di pertinenza la cui attivita' sia cessata prima del
28 febbraio 2007  e  che  necessitino,  al  fine  di  riacquisire  la
competitivita'  rispetto  al   mercato   della   domanda   turistica,
d'interventi di ristrutturazione e riqualificazione. 
    Gli interventi  di  parziale  trasformazione  della  destinazione
d'uso in funzioni non turistico-ricettive sono ammissibili  entro  la
percentuale del 30 per cento del  volume  geometrico,  come  definito
dall'art. 70 della legge regionale 6 giugno 2008, n.  16  (Disciplina
dell'attivita' edilizia) e successive modificazioni ed  integrazioni,
incrementabile, su proposta motivata del  richiedente,  inerente  gli
aspetti di sostenibilita' economica, fino ad un massimo  del  40  per
cento del volume geometrico. 
    3. L'applicazione delle misure di cui al comma 2  e'  subordinata
alla  sottoscrizione   di   una   convenzione   tra   la   proprieta'
dell'immobile e il Comune volta a garantire: 
        a) l'impegno del proprietario a reinvestire tutti i  proventi
derivanti  dalla  trasformazione   della   destinazione   d'uso,   da
quantificare quale differenza tra il valore commerciale delle  unita'
abitative  residenziali   e   i   costi   da   sostenere   per   tali
trasformazioni, per  la  riqualificazione  della  parte  di  immobile
destinata ad albergo che dovra' avere  una  capacita'  ricettiva  non
inferiore a cinquanta posti letto e  la  classificazione  al  livello
minimo di tre stelle o almeno a quello  della  struttura  interessata
dalla trasformazione se superiore a tre stelle; 
        b) l'impegno della proprieta' al mantenimento del vincolo  di
destinazione d'uso ad albergo per la restante parte dell'immobile per
un minimo di venti anni; 
        c) la  separazione  funzionale  tra  la  parte  dell'immobile
avente destinazione di albergo e le altre destinazioni d'uso presenti
nell'immobile oggetto della riqualificazione. 
    4. Il Comune, entro novanta giorni dal  ricevimento  dell'istanza
di cui al comma 2, si pronuncia in merito alla richiesta di  parziale
trasformazione della destinazione d'uso. Ove  la  destinazione  d'uso
che s'intende insediare, in base  all'istanza,  non  risulti  ammessa
dalla  disciplina  urbanistico-edilizia  vigente  e/o   operante   in
salvaguardia, trova applicazione la  disciplina  urbanistico-edilizia
operante nella zona di PRG o nell'ambito di PUC contiguo e,  in  caso
di compresenza di diverse discipline, opera quella relativa alle aree
contigue prevalenti in termini di superficie. Qualora  non  ricorrano
neppure   le   condizioni   per   l'applicazione   della   disciplina
urbanistico-edilizia della zona  o  dell'ambito  contiguo  il  Comune
indice, a norma della vigente legislazione urbanistica regionale,  la
conferenza di servizi per  l'approvazione  contestuale  del  progetto
edilizio e della relativa variante urbanistica. Il procedimento della
conferenza di servizi si conclude entro sei mesi dalla  presentazione
dell'istanza di parziale trasformazione della destinazione d'uso."." 
    Infine, la legge regionale 4/2013 prevede quanto segue  nell'art.
9, intitolato "Norma transitoria per lo sviluppo e  il  miglioramento
dell'offerta ricettiva degli alberghi": 
        "1. I comuni possono consentire una  parziale  trasformazione
della destinazione d'uso degli immobili sedi di  strutture  ricettive
attualmente in esercizio classificate albergo e delle  relative  aree
asservite e di pertinenza, assoggettati al  vincolo  di  destinazione
d'uso di cui all'art. 2, comma 1, della  legge  regionale  n.  1/2008
come modificata dalla presente legge e che necessitino,  al  fine  di
riacquisire la  competitivita'  rispetto  al  mercato  della  domanda
turistica,  di  interventi   edilizi   di   ristrutturazione   e   di
riqualificazione i cui costi, diretti e mutuabili, non possano essere
coperti  esclusivamente  con  i  proventi  derivanti  dalla  gestione
alberghiera dello stesso. Gli interventi di  parziale  trasformazione
delle  destinazioni  d'uso  sono  ammissibili  entro  la  percentuale
massima  del  40  per  cento  del  volume  geometrico  come  definito
dall'art.  70  della  legge  regionale  n.   16/2008   e   successive
modificazioni ed integrazioni per  insediare  le  seguenti  funzioni,
anche complementari: 
a) residenziale; 
b) ricettiva di tipo residenza turistico-alberghiera. 
        2. Il proprietario inoltra apposita richiesta da  presentarsi
una sola  volta  ed  entro  il  termine  di'  tre  anni  a  far  data
dall'approvazione della deliberazione della Giunta regionale  con  la
quale e' stabilita la documentazione tecnica ed economico-finanziaria
idonea a comprovare  l'insufficienza  dei  proventi  derivanti  dalla
gestione alberghiera per la  copertura  dei  costi  degli  interventi
edilizi di riqualificazione di cui al comma 1. 
        3.  L'applicazione  delle  misure  di  cui  al  comma  1   e'
subordinata alla sottoscrizione di una convenzione tra la  proprieta'
dell'immobile e il Comune volta a garantire: 
a)  l'impegno  del  proprietario  a  reinvestire  tutti  i   proventi
derivanti  dalla  trasformazione   della   destinazione   d'uso,   da
quantificare quale differenza tra il valore commerciale delle  unita'
abitative-residenziali   e   i   costi   da   sostenere   per    tali
trasformazioni, per  la  riqualificazione  della  parte  di  immobile
destinata ad albergo che dovra' avere  una  capacita'  ricettiva  non
inferiore a cinquanta posti letto e  la  classificazione  al  livello
minimo di tre stelle  o  almeno  a  quello  della  struttura  oggetto
dell'intervento se superiore a tre stelle. I proventi potranno essere
utilizzati, entro il limite massimo del 25 per  cento  degli  stessi,
anche per sostenere oneri finanziari, da comprovare  documentalmente,
riferiti a mutui in essere al 30 settembre 2012 direttamente connessi
all'attivita' imprenditoriale alberghiera; 
b) l'impegno della proprieta' al mantenimento, per un minimo di venti
anni, del vincolo di destinazione d'uso ad albergo; 
c) la  separazione  funzionale  tra  la  parte  dell'immobile  avente
destinazione di  albergo  e  le  altre  destinazioni  d'uso  presenti
nell'immobile oggetto della riqualificazione. 
        4.  Il  Comune,  entro   novanta   giorni   dal   ricevimento
dell'istanza di cui al comma 2, si pronuncia in merito alla richiesta
di  parziale  trasformazione  della  destinazione   d'uso.   Ove   la
destinazione d'uso che s'intende insediare, in base all'istanza,  non
risulti ammessa dalla  disciplina  urbanistico-edilizia  vigente  e/o
operante  in   salvaguardia,   trova   applicazione   la   disciplina
urbanistico-edilizia operante nella zona di PRG o nell'ambito di  PUC
contiguo e, in caso  di  compresenza  di  diverse  discipline,  opera
quella  relativa  alle  aree  contigue  prevalenti  in   termini   di
superficie.  Qualora  non  ricorrano  neppure   le   condizioni   per
l'applicazione della disciplina  urbanistico-edilizia  della  zona  o
dell'ambito  contiguo  il  Comune  indice,  a  norma  della   vigente
legislazione urbanistica regionale,  la  conferenza  di  servizi  per
l'approvazione contestuale del progetto  edilizio  e  della  relativa
variante urbanistica. Il procedimento della conferenza di servizi  si
conclude entro sei mesi dalla presentazione dell'istanza di  parziale
trasformazione della destinazione d'uso." 
    Tutte disposizioni sopra richiamate, appaiono  costituzionalmente
illegittime, sotto i profili che verranno ora evidenziati, e pertanto
il Governo - giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 17 maggio
2013 (che per estratto autentico si produce sub 1) ai sensi dell'art.
127 Cost. la impugna con il presente ricorso per i seguenti motivi: 
1. Violazione dell'art. 117, terzo comma, Costituzione nella parte in
cui attribuisce la materia "governo del territorio"  alla  competenza
concorrente Stato-Regioni. 
    Come si  vede,  con  le  disposizioni  impugnate  la  Regione  ha
previsto, in sostanza, che qualora i proprietari di immobili soggetti
a  vincolo  alberghiero  reputino  economicamente   non   conveniente
procedere agli investimenti necessari per riqualificare le strutture,
essi  hanno  diritto  di  ottenere  dal  Comune  lo  svincolo  e   la
trasformazione  della  destinazione  d'uso   dell'immobile   ad   uso
residenziale (con possibilita', quindi, di  frazionamento  in  unita'
immobiliari e loro vendita sul mercato); e che qualora  lo  strumento
urbanistico non consenta tale modifica della destinazione, si applica
lo strumento urbanistico del Comune contiguo, individuato  in  quello
di maggiore superficie. Solo se neppure tale  strumento  consenta  la
modifica,  il  Comune  indice   una   conferenza   di   servizi   per
l'approvazione della necessaria variante urbanistica. 
    Questo modello normativo viene replicato identico in tre casi: la
modifica di destinazione integrale (art. 2 comma  4  legge  regionale
4/2013, modificativo dell'art. 2 comma 2 legge regionale 1/2008);  la
modifica di destinazione parziale (art.  3  legge  regionale  4/2013,
introduttivo  dell'art.  2-bis  nella  legge  regionale  1/2008);  la
modifica di destinazione parziale in regime transitorio (art. 9 legge
regionale 4/2013). La differenza tra queste due  ultime  ipotesi  sta
nel fatto che la modifica di destinazione parziale di cui all'art.  3
della legge  regionale  4/2013  (nuovo  art.  2-bis  legge  regionale
1/2008)  puo'  riguardare  solo  gli  immobili  soggetti  a   vincolo
alberghiero nei quali l'attivita' alberghiera sia cessata entro il 28
febbraio 2007, e puo' investire al massimo il 30%  del  volume  degli
immobili;  mentre  la  modifica  di  destinazione  parziale  prevista
dall'art. 9 della legge regionale 4/2013  puo'  riguardare  solo  gli
alberghi attualmente in esercizio, e puo' investire fino al  40%  del
volume degli  immobili.  Il  carattere  transitorio  di  quest'ultima
previsione sta  nel  fatto  che  i  proprietari  interessati  possono
presentare la domanda non oltre tre anni dall'approvazione  da  parte
della Giunta  regionale  di  un  provvedimento  attuativo,  volto  ad
individuare   la   documentazione   tecnica    idonea    a    provare
l'insufficienza  dei  proventi  della  gestione   a   finanziare   le
necessarie ristrutturazioni. 
    Il regime della modifica dei vincoli alberghieri precedente  alle
modifiche ora illustrate era contenuto nell'art. 2 commi 2, 4, 5,  10
e 11 della  legge  regionale  1/2008,  secondo  i  quali,  nel  testo
originario: 
        "2. I Comuni, entro dodici mesi  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge, effettuano il censimento delle strutture
ricettive di cui al  comma  1,  anche  sulla  scorta  delle  proposte
avanzate dagli imprenditori alberghieri, e individuano le esigenze di
miglioramento e/o ampliamento delle strutture medesime. A tal fine  i
Comuni adottano apposita modifica al  vigente  strumento  urbanistico
comunale secondo le procedure di cui al comma 10, mediante  la  quale
individuano gli interventi e le  norme  tecnico  urbanistiche  idonei
alla soddisfazione delle esigenze  riscontrate,  tenuto  conto  delle
caratteristiche  degli  immobili  e  del   contesto   urbanistico   e
paesistico  in  cui  gli  stessi  sono  collocati,  individuando  una
specifica disciplina per i centri storici. 
        4. I Comuni, con  la  modifica  dello  strumento  urbanistico
comunale vigente, possono proporre, su richiesta del  proprietario  e
acquisito il parere del gestore, il non assoggettamento al vincolo di
cui al comma 1 delle strutture esistenti censite per le quali non sia
piu'  esercitabile  l'attivita'   alberghiera   in   relazione   alla
sopravvenuta  inadeguatezza  a  mantenere  la  presenza  sul  mercato
dell'offerta ricettiva e  alla  non  sostenibilita'  economica  della
stessa, motivate da almeno una delle seguenti cause: 
a)  oggettiva  impossibilita'  dell'immobile  ad  adeguare   le   sue
caratteristiche distributive, funzionali e  dimensionali  al  livello
degli  standard  qualitativi  del  settore   alberghiero,   a   causa
dell'esistenza   di    vincoli    paesaggistici,    monumentali    od
urbanistico-edilizi non superabili; 
b) collocazione della struttura in un contesto le cui caratteristiche
urbanistiche o territoriali  determinino  la  incompatibilita'  o  la
insostenibilita' della funzione alberghiera. 
        5. I Comuni, per le strutture di cui al comma 4,  individuano
le trasformazioni d'uso ammesse e la relativa disciplina  urbanistico
edilizia che meglio si adattano alla tipologia degli immobili e  alle
previsioni urbanistiche e paesistiche del contesto interessato. 
        10. La modifica al vigente strumento urbanistico comunale  di
cui ai commi 2, 4 e 5, previa  consultazione  con  le  Organizzazioni
sindacali dei lavoratori, le Associazioni di categoria  e  i  Sistemi
Turistici Locali interessati, e' adottata dal Comune con la  seguente
procedura: 
a)  pubblicazione  della  modifica  e  della  relativa  deliberazione
consiliare mediante deposito a libera visione del pubblico presso  la
segreteria comunale per quindici giorni consecutivi, previo avviso da
affiggersi all'albo pretorio, da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale
della Regione Liguria; 
b) ricevimento fino a quindici giorni dopo la scadenza del periodo di
deposito di Osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse; 
c) pronuncia sulle Osservazioni pervenute, senza  necessita'  di  dar
luogo ad una nuova pubblicazione nel  caso  in  cui  le  Osservazioni
vengano accolte; 
d) approvazione da parte della  Regione  nel  termine  perentorio  di
centottanta giorni dal ricevimento degli atti da  parte  del  Comune,
decorso il quale la modifica al vigente Piano regolatore  generale  o
Piano urbanistico comunale si intende approvata. 
        11. Decorsi dieci anni dall'approvazione della disciplina  di
cui ai commi 2, 4 e 5 e comunque  all'adozione  del  PUC,  il  Comune
procede  alla  verifica  della  sua  adeguatezza,   confermandone   i
contenuti o modificandoli  in  conformita'  alle  disposizioni  della
presente legge.". 
    Come si vede, il regime  precedente  prevedeva  che  la  modifica
della destinazione alberghiera, anche giustificata dalla  difficolta'
oggettiva a causa di vincoli, o dalla difficolta'  economica  per  il
proprietario di sostenere con i  proventi  della  gestione  il  costo
delle  ristrutturazioni  e  degli  adeguamenti   necessari,   potesse
avvenire solo previa modifica degli strumenti  urbanistici  comunali;
che tale modifica dovesse avvenire con procedura semplificata, e  che
a tal fine i Comuni dovessero sottoporre tali strumenti ad  un  primo
esame  basato,  anche,  sulle  proposte  degli  operatori   economici
interessati, e quindi dovessero procedere a revisione decennale degli
strumenti urbanistici sotto  il  profilo  in  questione,  sempre  con
procedura semplificata. 
    Il confronto tra la precedente e la nuova normativa dimostra che,
ora, il potere dei Comuni di  valutare  l'impatto  urbanistico  delle
modifiche (in senso riduttivo) delle destinazioni alberghiere, e  del
correlativo incremento delle destinazioni diverse, e  in  particolare
abitative, con il connesso incremento del carico  urbanistico,  viene
in sostanza abolito. Il nuovo regime attribuisce al proprietario  che
dimostri l'impossibilita' oggettiva (a causa di vincoli  monumentali,
paesistici, urbanistici)  di  adeguare  l'immobile  alberghiero  agli
standard alberghieri o alle norme di  sicurezza,  o  l'impossibilita'
economica di sostenere con i proventi della gestione  alberghiera  le
necessarie ristrutturazioni il diritto  soggettivo  di  ottenere  dal
Comune  la  modifica  (svincolo)  totale  o  parziale   del   vincolo
alberghiero. 
    L'esclusione di qualsiasi potere dei Comuni di valutare l'impatto
urbanistico  di  tali  modifiche  e'  confermata  dal  fatto  che  la
valutazione che i Comuni possono fare delle  istanze  presentate  dai
proprietari e' di  tipo  solo  economico,  riferito  alla  situazione
individuale del proprietario  interessato;  e  che  se  lo  strumento
urbanistico non consente le modifiche, anziche' adottare  una  previa
variante dello strumento stesso (con il connesso potere discrezionale
del Comune di determinare i contenuti concreti della nuova disciplina
urbanistica), il Comune deve applicare lo strumento  urbanistico  del
Comune contiguo di maggiore dimensione che consenta la modifica. Solo
se non sia possibile tale singolare applicazione ad un  Comune  dello
strumento urbanistico di  un  altro,  il  Comune  potra'  indire  una
conferenza  di  servizi  per  definire   le   varianti   urbanistiche
necessarie. 
    E'  quindi  palese  l'illegittimita'  costituzionale  del   nuovo
regime, sia nella parte in cui introduce il  sistema  ora  descritto,
sia nella parte in cui abroga o trasforma la disciplina precedente. 
    Tale illegittimita' deriva dal contrasto del nuovo regime  con  i
principi della legge statale che regolano il governo del  territorio,
e che costituiscono principi vincolanti per le Regioni nell'esercizio
della loro competenza legislativa concorrente  in  tale  materia,  ai
sensi dell'art. 117, comma 3 Cost. 
    Tali principi si rinvengono nelle seguenti norme statali. 
    In base all'art. 2, comma 4  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 380/2001 i Comuni,  nell'ambito  della  propria  autonomia
statutaria e normativa di cui all'art. 3 del d.lgs. 18  agosto  2000,
n. 267, disciplinano l'attivita' edilizia. 
    In base agli artt. 4 e 7,  legge  n.  1150/42  la  pianificazione
urbanistica  compete  ai  Comuni  e  gli  interventi  relativi   alle
lottizzazioni e alle destinazioni d'uso devono essere pianificati dai
medesimi Comuni. 
    In base all'art. 30 del decreto del Presidente  della  Repubblica
n.  380/2001,  non  si   possono   ammettere   lottizzazioni,   cioe'
trasformazioni  urbanistiche  ed  edilizie,  non  disciplinate  dalla
programmazione  comunale.  Nell'interpretare  tale  disposizione,  la
giurisprudenza ha chiarito che "integra un'ipotesi  di  lottizzazione
abusiva qualsiasi tipo di opere  in  concreto  idonee  a  stravolgere
l'assetto  del  territorio  preesistente,  a  realizzare   un   nuovo
insediamento abitativo e, quindi, in ultima  analisi,  a  determinare
sia un concreto ostacolo alla futura attivita' di programmazione (che
viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un  carico  urbanistico
che necessita adeguamento degli standards. 
    Il concetto di "opere che comportino  trasformazione  urbanistica
od edilizia" dei terreni deve essere, dunque, interpretato in maniera
"funzionale" alla ratio della norma  dell'art.  30  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 (T.U. Edilizia), il cui  bene
giuridico tutelato e' costituito dalla necessita'  di  preservare  la
potesta'  programmatoria   attribuita   all'Amministrazione   nonche'
l'effettivo controllo del territorio da parte del  soggetto  titolare
della stessa funzione di pianificazione (cioe' il Comune), al fine di
garantire una ordinata pianificazione urbanistica,  un  corretto  uso
del territorio ed uno sviluppo degli  insediamenti  abitativi  e  dei
correlativi  standards  compatibile  con  le  esigenze   di   finanza
pubblica.  Cio'  che  rileva  e'  il  concetto   di   "trasformazione
urbanistica  ed  edilizia"  e  non  quello  di   "opera   comportante
trasformazione urbanistica ed edilizia" (Cons. Stato Sez IV  n.  3381
del 7.6.2012). 
    Costituisce quindi principio generale della materia in  questione
che ogni modifica delle destinazioni d'uso del territorio, idonea  ad
incidere  sul  carico  urbanistico  su  di  esso  insistente,   venga
determinata e disciplinata dal  Comune  tramite  i  propri  strumenti
programmatori. 
    La legge regionale impugnata e' allora illegittima  perche',  nel
prevedere in sostanza che i proprietari di immobili  con  vincolo  di
destinazione alberghiera  possono  con  semplice  istanza  al  Comune
ottenere  lo  svincolo  in  relazione  alla   semplice   sopravvenuta
inadeguatezza della struttura ricettiva  rispetto  alle  esigenze  di
mercato, cioe' in relazione a mere  circostanze  economiche  ad  essi
particolari, contrasta con la normativa statale  di  principio  sopra
ricordata, che affida ai Comuni l'ordinata pianificazione urbanistica
mediante l'adozione di piani  regolatori  per  il  corretto  uso  del
territorio. 
    Ulteriore  vulnus  alla  competenza   comunale   nella   gestione
pianificata  delle  modificazioni  urbanistiche  incidenti  sul  loro
territorio, sta poi  nelle  previsioni  secondo  cui  la  conformita'
urbanistica delle modifiche di destinazione non  conformi  che  siano
richieste dai proprietari viene "recuperata" rendendo applicabile, in
luogo  dello  strumento  urbanistico  del  Comune   interessato,   lo
strumento urbanistico del Comune  contiguo  di  maggiore  dimensione.
Poiche' ogni strumento urbanistico si forma,  come  e'  ovvio,  sulla
base della considerazione specifica delle condizioni  del  territorio
interessato, e' per definizione impossibile,  se  non  a  prezzo  del
totale esproprio della potesta' urbanistica  comunale  da  parte  del
legislatore regionale, prevedere che al piano vigente si  sostituisca
in parte qua il piano vigente in un Comune diverso,  cioe'  un  piano
formatosi sulla considerazione di un territorio che non  ha  nulla  a
che  vedere  con  quello  che   sara'   toccato   dalle   conseguenze
urbanistiche della destinazione modificata. 
2. Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera 1) Cost. 
    La legge regionale impugnata contrasta poi con l'art. 117,  comma
2, lettera l) Cost. nella parte in cui  attribuisce  alla  competenza
legislativa esclusiva  dello  Stato  la  disciplina  dell'ordinamento
penale. 
    L'art. 44, comma 1, lettera c) del decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001 prevede che «1. Salvo che il fatto costituisca
piu' grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica: 
        ... 
        c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda  da  15493  a  51645
euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a  scopo  edilizio,
come previsto dal primo comma dell'art. 30.». 
    L'art. 30, comma 1 del  medesimo  decreto  del  Presidente  della
Repubblica prevede che «1. Si ha lottizzazione abusiva di  terreni  a
scopo edificatorio  quando  vengono  iniziate  opere  che  comportino
trasformazione  urbanistica  od  edilizia  dei  terreni   stessi   in
violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti  o
adottati, o comunque stabilite dalle  leggi  statali  o  regionali  o
senza   la   prescritta   autorizzazione;   nonche'    quando    tale
trasformazione venga predisposta attraverso  il  frazionamento  e  la
vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che,  per  le  loro
caratteristiche quali la dimensione  in  relazione  alla  natura  del
terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il
numero,  l'ubicazione  o  la  eventuale  previsione   di   opere   di
urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti  agli  acquirenti,
denuncino  in   modo   non   equivoco   la   destinazione   a   scopo
edificatorio.». 
    Come si e' visto nel precedente motivo riportando Cons.  St.  IV,
n. 3381/2012, la finalita' delle norme che prevedono e sanzionano  la
lottizzazione abusiva e' la salvaguardia della potesta'  comunale  di
disciplina delle trasformazioni strutturali  e  funzionali  incidenti
sul territorio. 
    Al riguardo, la giurisprudenza penale ha chiarito, con  efficacia
di diritto vivente, che rientrano nell'alveo della fattispecie  della
«lottizzazione abusiva» anche le ipotesi di mutamento di destinazione
d'uso (s'intende tra categorie funzionalmente autonome dal  punto  di
vista urbanistico) di complessi  immobiliari,  gia'  esistenti  o  in
corso     di     realizzazione,     assentiti     come      strutture
turistico-alberghiere ma di fatto destinati,  per  effetto  del  loro
preventivo frazionamento (e  contestuale  o  successiva  vendita)  in
singole unita' immobiliari, ad uso di civile abitazione. 
    E' stato,  infatti  affermato  che  la  lottizzazione  cosiddetta
«materiale» non presuppone necessariamente il compimento di opere  su
un suolo inedificato, ma puo' verificarsi anche in  occasione  di  un
mutamento della destinazione d'uso di  un  edificio  gia'  esistente,
allorche' la modificazione  della  destinazione  d'uso  si  ponga  in
contrasto con un piano di fabbricazione gia' approvato e richieda  la
necessita' di nuovi interventi  di  urbanizzazione;  la  modifica  di
destinazione d'uso di un fabbricato, qualora non rientri  nell'ambito
delle modificazioni astrattamente possibili in una  determinata  zona
urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto  difforme  da
quelle ammesse, si pone in insaziabile  contrasto  con  lo  strumento
urbanistico, posto che, in tal  caso,  si  tratta  non  di  una  mera
modificazione formale destinata a muoversi tra i  possibili  usi  del
territorio consentiti dal piano, bensi' di un'alterazione  idonea  ad
incidere significativamente sulla destinazione funzionale ammessa dal
piano  regolatore  e  tale,  quindi,  da   alterare   gli   equilibri
prefigurati in quella sede. 
    Sempre i giudici penali hanno poi precisato che nell'ambito della
lottizzazione  abusiva,  rientra,  quindi,  (anche)  un'attivita'  di
mutamento (non consentito) di  destinazione  d'uso  di  un  esistente
complesso immobiliare alberghiero e cio' in ragione delle alterazioni
che condotte di questo tipo  producono  (rectius:  possono  produrre)
sull'assetto urbanistico del territorio  pianificato  attraverso  gli
strumenti  urbanistici  generali;  e  cio',  si  ha  avuto  cura   di
precisare, anche quando tali strumenti consentano una utilizzabilita'
alternativa di tipo residenziale e tuttavia «il complesso alberghiero
sia stato  edificato  alla  stregua  di  previsioni  derogatorie  (ad
esempio    a    divieti    di    edificabilita',    a     limitazioni
plano-volumetriche, a distanze  etc.)  non  estensibili  ad  immobili
residenziali» ovvero, ancora,  «la  destinazione  d'uso  residenziale
comporti un incremento degli standard  richiesti  per  l'edificazione
alberghiera (con  riferimento  anche  ai  parcheggi  privati  di  cui
all'art.  14-sexies  della  legge  n.  1150/1942)  e  tali   standard
aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto».  V.
da ultimo Cass. pen. sez. 3ª, 6 giugno 2012, n. 27289, Dotta. 
    Nella fattispecie, la legge regionale consente la  trasformazione
degli alberghi in immobili frazionati ad uso residenziale  attraverso
procedure  che  vanificano  del  tutto  le  valutazioni  urbanistiche
comunali circa  la  conformita'  agli  standard  previsti  dai  piani
regolatori e circa il maggior carico urbanistico che ne deriva. 
    In tal modo, la tutela penale  prevista  dal  combinato  disposto
degli articoli 30 e 44 decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
380/2001 viene svuotata del suo contenuto specifico. 
    Si e' infatti visto che il bene protetto  da  quella  tutela  e',
appunto, la potesta' comunale di  governo  del  territorio.  Ora,  la
legge  regionale  rende  formalmente  lecite  dal  punto   di   vista
amministrativo e penale lottizzazioni di  immobili  gia'  adibiti  ad
albergo,  in  modo  del  tutto  autonomo  dalla  disciplina  e  dalle
valutazioni urbanistiche comunali; ed  anzi,  dichiaratamente,  anche
nel caso in cui tali interventi siano contrari alle previsioni  degli
strumenti  urbanistici  vigenti   (cio',   come   visto,   attraverso
l'applicazione  automatica,  in  via  sostitutiva,  degli   strumenti
urbanistici dei Comuni contigui che consentano  gli  interventi).  Il
che, palesemente, vanifica il suddetto  bene  protetto,  e  ne  rende
praticamente inoperante, in parte qua, la tutela penale; con evidente
sconfinamento del legislatore regionale nell'ambito della  disciplina
dell'ordinamento penale, riservata allo Stato.